mercoledì 4 maggio 2011

PROCESSI DI LIBERALIZZAZIONE E FUNZIONI DI UTILITÀ SOCIALE: IL CASO DELLE FARMACIE RURALI

Le liberalizzazioni allo studio sulla vendita dei farmaci sono un tema su cui da tempo si sta dibattendo e che vede le categorie interessate dividersi tra “favorevoli” e “contrari”.
Al fine di comprendere i reali costi-benefici di un’eventuale deregolamentazione del settore, l’Unione Nazionale Consumatori ha commissionato un’analisi economica ad un autorevole pool di studiosi del RESc (Ricerche Economiche società cooperativa).
“Le liberalizzazioni -spiega il Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori Massimiliano Dona- sono un fenomeno troppo importante per essere guardate attraverso gli occhiali dell’ideologia: in linea teorica una sana concorrenza tra operatori professionali produce benefici effetti in capo ai consumatori (in termini di capillarità dell’offerta e minori prezzi) e per il mercato (in termini di competitività per le imprese e migliore occupazione). Tuttavia -prosegue l’Avv. Dona- nel settore della vendita dei farmaci i processi di liberalizzazione potrebbero avere effetti socialmente ed economicamente indesiderabili. E’ proprio per esaminare queste ricadute che abbiamo commissionato al RESc (Ricerche economiche società cooperativa) una indagine scientifica per ‘simulare’ gli effetti di un eventuale provvedimento di liberalizzazione nel settore: i risultati dell’indagine, che presentiamo quest’oggi, forniscono indicazioni utili alla migliore comprensione del fenomeno e suggeriscono come (e con quali limiti) una liberalizzazione del mercato nella vendita di farmaci potrebbe accrescere il benessere della collettività dei consumatori.”
La diffusione sul territorio delle farmacie è sufficientemente capillare? E’ questa una delle prime domande dalle quali muove la ricerca commissionata dall’UNC.
Un primo dato significativo, poco percepito dall’opinione pubblica che immagina un’Italia con poche farmacie, spiega che la diffusione delle farmacie nello Stivale è in tutto e per tutto paragonabile alla media europea: nel nostro Paese c’è una farmacia ogni 3.374 abitanti (la media europea è di 3.323). Tra le grandi nazioni europee solo la Francia fa registrare una maggiore diffusione, mentre Germania e Regno Unito sono al di sotto della media italiana.
A questo si aggiungono altri dati interessanti a livello territoriale, che fotografano un Paese dove il numero delle farmacie per abitante è notevolmente superiore alla media in molte delle regioni caratterizzate da condizioni orografiche difficili e dalla prevalenza di piccole comunità locali rispetto alle realtà urbane. Si ha quindi una capillare presenza della distribuzione farmaceutica su tutto il territorio nazionale.
La ricerca spiega cosa accadrebbe nel caso in cui si assistesse a un processo di liberalizzazione che elimini i criteri di regolazione ex-ante dell’insediamento delle farmacie sul territorio: proprio il caso delle farmacie rurali (quelle situate nei comuni o nei centri abitati con meno di 5.000 abitanti, che in Italia sono oltre 6.000) è al centro dell’analisi perché sono questi esercizi a garantire la capillarità sul territorio, piccole realtà che soddisfano però una domanda socialmente importante proveniente dai territori marginali e con basso bacino di utenza.
Per questo l’Unione Nazionale Consumatori ha commissionato questo studio economico al RESc (Ricerche Economiche società cooperativa). Secondo gli autori della ricerca “sebbene l’argomento tradizionale è che a maggiore concorrenza equivalgano una maggiore efficienza e prezzi minori, a tutto beneficio del consumatore finale, il principio dell’efficienza economica può confliggere con un obiettivo di equità, in base al quale determinati servizi debbono essere fruiti dall’intera popolazione. La liberalizzazione delle farmacie potrebbe rientrare in questa casistica. Lo studio -prosegue il RESc (Ricerche Economiche società cooperativa) - evidenzia infatti come le farmacie sembrano essere sufficientemente diffuse sul territorio e come la liberalizzazione potrebbe ridurre questa diffusione. In particolare le farmacie rurali (vale a dire quelle situate nei comuni con meno di 5.000 abitanti e che potrebbero essere l’unico servizio pubblico presente) sono realtà di piccole dimensioni con fatturati e utili limitati che non influiscono sulla loro efficienza, ma la cui localizzazione le potrebbe rendere meno appetibili per il libero mercato. Con le liberalizzazioni, la distribuzione delle farmacie potrebbe dunque passare da capillare a concentrata, comportando esiti non desiderabili in termini di diffusione del servizio. Resta invece da verificare se il servizio possa essere bilanciato da una maggiore fruibilità e da una maggiore occupazione”.
L’Unione Nazionale Consumatori ha deciso di coinvolgere nell’indagine anche i piccoli Comuni italiani, come pubbliche amministrazioni direttamente interessate al fenomeno delle liberalizzazioni. La presidente dell’ANPCI (Associazione Nazionale Piccoli Comuni Italiani) Franca Biglio ritiene che “le farmacie siano un punto fermo, un presidio sul territorio esattamente come il municipio, l’ufficio postale, la scuola, l’esercizio commerciale, poiché rappresentano un servizio universale indispensabile per la persona e danno una risposta concreta alla gente che vive le situazioni più disagiate nel Paese. Si tratta -prosegue Franca Biglio- soprattutto dei piccoli comuni collinari e montani a forte rischio idrogeologico i cui abitanti vanno premiati perché custodiscono anche il territorio. Questi servizi -conclude Franca Biglio- non solo le farmacie ma anche gli uffici postali, le scuole, gli esercizi commerciali aiutano dunque anche ad arginare lo spopolamento”.
E’ proprio lo spopolamento il pericolo da arginare. Cosa accadrebbe in caso di completa liberalizzazione? La ricerca ha preso in esame, come campione geografico, la Provincia di Chieti mostrando in maniera evidente come nel caso delle para-farmacie la distribuzione è tutta concentrata nelle zone di maggiore redditività con relativo abbandono delle zone marginali.
Garantire una maggiore fruibilità del servizio è senza dubbio un obiettivo auspicabile, sempre nell’ottica di una piena attuazione del dettato costituzionale. Se però è vero che un processo di liberalizzazione rischia di diradare la presenza delle farmacie sul territorio, questa esigenza non verrebbe immediatamente soddisfatta.
“Ecco perché -insiste Massimiliano Dona- sarebbe piuttosto auspicabile che il Governo esamini a fondo il tema delle liberalizzazioni nel settore della vendita dei farmaci, approfondendo (anche con l’ausilio del nostro studio) le ricadute complessive del fenomeno per evitare che, procedendo a singhiozzo, simili iniziative si traducano in mere operazioni di facciata i cui costi potrebbero persino ricadere sulla collettività”.
“I consumatori -conclude l’Avv. Dona- sono interessati invece a liberalizzazioni che possano tradursi in benefici concreti: in questo settore ci piacerebbe veder realizzata, quindi, una razionalizzazione degli orari di apertura che faciliti realmente l’accesso al servizio, così come l’epocale riforma che consenta, finalmente, di poter acquistare confezioni più ridotte, cosa che eviterebbe il quotidiano spreco di farmaci che ancora, troppo spesso, finiscono nella spazzatura inutilizzati”.

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