venerdì 30 ottobre 2009

ILLEGITTIMA L’IVA SULLA TIA

Siamo in Europa? Parrebbe di sì!
Sulla tariffa di igiene ambientale (TIA) non va applicata l’IVA. Lo ha deciso la Corte costituzionale con sentenza n. 238/2009 che ha cancellato la norma che aveva istituito l’IVA sulla TIA, ex TARSU (tassa di asporto rifiuti solidi urbani), poiché anche la TIA è un tributo. Occorre riassumere la vicenda.
Dal 2010 in molti Comuni sparirà la tassa sui rifiuti, che sarà sostituita dalla “tariffa”, prevista dal decreto legislativo n. 22/1997 con il nome eufemistico di “tariffa d’igiene ambientale”, più volte slittata. In altri Comuni è già applicata e siccome non è più tassa, ma tariffa, viene caricata l’IVA del 10 per cento. Per le famiglie è un altro rincaro, in media 15 euro, dovuto soltanto ad un cambiamento di nome, ma l’applicazione dell’IVA in questo caso è illegittima nonostante sia stata subdolamente autorizzata dall’articolo 6, comma 13, della legge n. 133/1999. Pur avendo cambiato nome, la TIA non è un corrispettivo di natura contrattualistica, è invece un prelievo al quale il consumatore non può sottrarsi poiché l’articolo 49 del decreto legislativo n. 22/1997 ha stabilito che è tenuto al pagamento della tariffa “chiunque occupi oppure conduca locali … a qualsiasi uso adibiti”. In questo caso gli articoli 4 e 5 della Direttiva CE n. 388/1977 hanno escluso l’imponibilità IVA e una Direttiva comunitaria prevale sulla legge italiana, come ha ripetutamente sentenziato la Corte di giustizia europea e, ora, la Corte costituzionale ha cancellato la norma.
Più complesso è il problema della restituzione dell’IVA addebitata agli utenti. Sulla materia si attendono istruzioni della Agenzia delle entrate, ma a rigore la restituzione non dovrebbe avere luogo per i dieci anni precedenti, come è stato scritto, ma a partire dal 24 luglio 2009, giorno in cui è stata depositata la sentenza della Corte costituzionale.

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